Le numinose fantasime delle fiabe

Quando
12 June 2018
Orario
21:00 — 23:00
Dove
Oratorio di Acquanegra sul Chiese
Categorie
Conferenza/Dibattito

 

Le numinose fantasime delle fiabe

Riscoprire parole che cantano e incantano seguendo le trame del femminile nel mito e nella fiaba

Incontro con Alessia Napolitano (Radice-Labirinto)

 

 

 

Siamo ancora in grado di riconoscere oggi le figure femminili ancestrali delle fiabe e del mito nelle storie che raccontano il rapporto tra l'essere umano e la natura? La Babajagà e Artemide si nascondono dentro poveri abiti di tascapane tra le parole di albi e libri; alla stregua di mortali abbandonati, dimenticati e reietti, si riscaldano ad un falò di pigne, ma non aspettano altro di essere riconosciute, amate e temute.

Il bosco nel mito e nelle fiabe è un sipario magico che schiude i suoi rami nelle parole degli aedi e del focolare, per mostrarci i misteri della Natura.

Da Artemide, Dea selvatica e terribile che rinnega il genere umano in favore dell'amore per le belve feroci e per le ninfe leggiadre, alla Baba Jagà che circonda la sua casa con uno steccato di ossa umane rendendo così la sua radura un giardino, se per giardino si intende un luogo chiuso, curato e addomesticato. Due figure, quella di Artemide e della Baba Jagà che si fanno protettrici del bosco e diventano le custodi di un luogo ancestrale che in molti miti come in molte fiabe diventa scenario di abbandoni, ricerche, metamorfosi, omicidi, amori, incontri.

Due figure emblematiche che costituiscono l'una il rovescio dell'altra, in un gioco di contrapposizioni - e quindi di rimandi – che ne disegnano un quadro unitario e straordinario. Una è Dea della luce, stella Diana appunto, l'altra Madre del fuoco, quindi vestale del focolare; una ci mostra un bosco mediterraneo profumato di mirti e ginepri, l'altra ci conduce attraverso un bosco nordico, freddo e scuro.

Ma se il bosco si circoscrive allora diventa un giardino, radura sacra, ed è proprio lì che converseremo con Artemide e la Baba Jagà, celebrandole come si compete per non attirare la loro ira.

A partire da cinque fiabe antiche della tradizione, russa, nordica e italiana - Vassilissa la bella, L'ondina della pescaia, Le tre melarance, La fanciulla senza mani e La guardiana delle oche alla fonte - getteremo luce sulla qualità femminile descritta nel repertorio fiabesco, sfatando pregiudizi e luoghi comuni. Protetti dalla fiamma benevola della Baba Jaga, figura straordinaria liminare tra il buio e la luce, faremo un viaggio nello scaffale di una libreria per scoprire quanto abbiamo a disposizione oggi per poter incoraggiare, nei nostri bambini e nei nostri ragazzi, un “educazione estetica” , ovvero un'educazione al sentire, coltivando così in loro un cuore e un orecchio d'oro.

L'approfondimento degli archetipi del femminile - e di conseguenza del maschile - nella fiaba, è particolarmente significativo nella nostra contemporaneità dove la battaglia contro la discriminazione dei modelli sessuali rischia di diventare essa stessa promotrice di stereotipi. Da quando esistono le fiabe – e sono così antiche che nessuno sa dire con precisione da quanto vengano tramandate – esiste anche una sapienza popolare dedicata al femminile. Ci sono molte interpretazioni sul divenire della tradizione fiabesca nelle diverse culture, una delle quali indica i riti di iniziazione dei fanciulli e delle fanciulle come possibili antesignani di un racconto orale volto a sopperire un certo modus operandi divenuto troppo pericoloso e primitivo. Attraverso la fiaba, il bambino, al pari dell’adulto, poteva ripercorrere, senza pericolo il bosco, incontrare le figure dell’ombra, agire per il bene (o per il male) e accumulare esperienza.

Poiché il maschio è diverso dalla femmina anche le fiabe potevano rivolgersi all’uno o all’altra andando a toccare più o meno nel profondo, attraverso trame e personaggi specifici, le radici dell’anima femminile e maschile.