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Einaudi, 2020
Abstract: Poche cose restavano chiare, nella sua mente: che Pellestrina è un'isola magnifica. Che il mare ti entra dentro più dei fiumi. Che, soprattutto, non avrebbe mai fatto altro nella vita: il barcaro era l'arte per la quale sentiva di essere nato». Sulla corrente dei fiumi nulla cambia mai davvero. Al timone degli affusolati burchi dal fondo piatto, da sempre i barcari trasportano merci lungo la rete di acque che si snoda da Cremona a Trieste, da Ferrara a Treviso. Quando Ganbeto sale come mozzo sulla Teresina del nonno Caronte, l'estate si fa epica e avventurosa. Sono i ruggenti anni '60, nelle case entrano il bagno e la televisione in bianco e nero, Carosello e il maestro Manzi. I trasporti viaggiano sempre più via terra, e i pochi burchi che ancora resistono, per ostinazione oltre che per profitto, preferiscono la sicurezza del motore ai ritmi lenti delle correnti e delle maree. Quello del barcaro è un mestiere antico, ma l'acqua non dà certezze, e molti uomini sono costretti a impiegarsi come operai nelle grandi fabbriche. A bordo della Teresina, Ganbeto si sente invincibile. Gli attracchi, le osterie, le burrasche, il mare e la laguna, le campane di piazza San Marco, i coloriti modi di dire di Caronte e i suoi cappelli estrosi, le ragazze che s'incontrano lungo le rotte. Presto, però, non potrà più far finta di niente, lui che ha un piede nel vecchio e uno nel nuovo dovrà imparare la lezione più dolorosa di tutte: per crescere bisogna sempre lasciare indietro qualcosa.
Moderators: Valentina Tosi
7 aprile 2025 alle 11:52
Se l’acqua ride è un romanzo di formazione che segue l’evoluzione di un personaggio di una simpatia che ha dell’incredibile, oltre a narrarci di un’epoca non da tanto trascorsa, ma che sembra sbocciare sotto gli occhi di chi legge. Indubbiamente Gambeto, il protagonista, membro di una famiglia di barcaroli, è descritto con una grazia e una sagacia invidiabile; simpatico per le ingenuità proprie dell’età, esilarante nelle sue scoperte sul sesso, è una di quelle figure capaci da sole di dare corpo e nerbo a uno scritto. Già agli inizi ci fa ricordare i nostri anni di scuola (in questo caso le medie inferiori) quando al risveglio la mattina si desidererebbe tanto restare a letto e invece si è costretti a vestirsi e ad andare al proprio dovere di studente, in quella classe dove impera il professore Oio, altro personaggio azzeccato. In verità tutti gli interpreti di questa storia sono indovinati, dal padre che avverte l’incertezza del lavoro di barcarolo alla madre, una donna semplice e timorata di Dio, al fratellino Luciano, un po’ in ombra, ma è giusto che sia così perché più giovane. Eccezionale è poi il nonno Caronte, che da una vita conduce il suo burcio, cioè il barcone, che va a vela e non ha il motore e che quando non c’è vento ha necessità per muoversi, se non a favore di corrente, del cavalante che con il suo quadrupede traina l’imbarcazione, tutte professioni che all’epoca in cui è ambientato il romanzo stanno già scomparendo.
Eppure Gambeto che al termine della scuola sarà anche lui un barcarolo è orgoglioso di quel lavoro, perché stare insieme al nonno è un’esperienza esaltante. Quando seguiamo la navigazione nei fiumi e nei canali seguiamo anche lo sviluppo del ragazzo, la sua crescita, la sua maturazione, il suo risveglio della sessualità, i primi innamoramenti con le gioie, le emozioni, ma anche le trepidazioni che provocano.
Gambeto si innamora a prima vista, come è tipico di quell’età, e ovviamente non mancano le delusioni, tutte esperienza come gli fa capire il nonno.
Inoltre per il ragazzo ogni ansa di fiume, ogni paesino, ogni argine sono una scoperta, è un aprire gli occhi su un mondo che prima non conosceva.
Così, mentre la Teresina, che è il nome del vecchio burcio, scivola sull’acqua il ragazzo matura e senza accorgersi poco a poco diventa uomo.
Grazie a uno stille snello, ma non certamente povero, a una capacità descrittiva a tutta prova, Malaguti ha realizzato un’opera che ha il tocco della grazia, capace di avvincere dalla prima all’ultima pagina, di far talvolta ridere ed altre invece moderatamente commuovere, in un equilibrio perfetto fra realtà e fantasia in cui i sogni di un ragazzo che cresce si evolvono naturalmente.
E’ un percorso, quello di Gambeto, che in altre circostanze e in altri modi abbiamo fatto tutti e questo ritrovare in fondo un po’ di noi è uno dei motivi di pregio di un’opera che a mio parere è un autentico gioiello.
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