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Einaudi, 2019
Abstract: Pronto a diventare un brillante caso editoriale, “Il treno dei bambini” di Viola Ardone è una storia che finalmente entra nella memoria collettiva italiana: quella dei bambini che dal Sud Italia, alla fine della seconda guerra mondiale, arrivarono nel Nord per poter avere un pasto caldo in tavola ogni giorno e per andare a scuola. Amerigo vive a Napoli e nel suo quartiere tutti lo conoscono come Nobèl perché sa un sacco di cose: la sua passione è infatti ascoltare storie. La madre Antonietta invece parla poco, soprattutto da quando il marito è andato in America e non è più tornato. Nel 1946 separarsi da Amerigo, per lei, sarà difficile, ma lo fa per il suo bene, per garantirgli un futuro migliore. Quando il treno di Amerigo e di tanti altri bambini parte per Modena, Antonietta, in cuor suo, sa che niente sarà più come prima. A Modena Nobèl si affezionerà alla sua nuova famiglia e grazie al suo nuovo papà del Nord conoscerà la bellezza della musica. Per Amerigo sarà una svolta che segnerà il suo futuro, ma tornare a Napoli sarà difficile e con la madre Antonietta vi sarà uno squarcio difficile da ricucire. In “Il treno dei bambini” di Ardone, le emozioni però troveranno pace solo dopo cinquant’anni quando le esistenze di tutti avranno trovato strane e impensabili vie.
Moderators: Valentina Tosi
12 dicembre 2024 alle 06:47
Ci sono periodi nella storia dell'umanità in cui sembrano trionfare la violenza e l'egoismo, in cui nascono immani conflitti e altri già iniziati si perpetuano determinando nell'uomo comune un senso di sbigottimento e di sfiducia con il crollo di qualsiasi sentimento, con un materialismo accentuato che soffoca ogni aspirazione di pace. E' in questi momenti che si sente la necessità di un aiuto, di un qualcosa che faccia tornare a sperare, convinti che, nonostante tutto, c'è ancora spazio per il cuore.
Ecco, Il treno dei bambini è una lettura che illumina il buio che spesso ci avvolge, è quello stimolo che induce la speranza che ancora si può cambiare, è una meravigliosa storia d'amore e di affetti profondi, un libro che porta alla commozione senza che si sia ricorso ad artifici per questo, perché è la vita, la passione, il sentimento, la dignità, la compassione non certo facile. La narrazione parte da una vicenda vera, una missione di soccorso ideata a Milano dalla dirigente comunista Teresa Noce e dall'appena costituita Unione donne italiane. La seconda guerra mondiale era finita da poco, lasciando un paese distrutto da ricostruire e tanta miseria, soprattutto al Sud. Ed ecco allora istituire i treni della felicità, convogli che partivano dalle aree più misere carichi di bambini destinati a famiglie senz'altro più abbienti del Nord e del Centro dell'Italia. L'idea era di sfamarli, di vestirli, di far nascere in loro, attraverso la solidarietà, la speranza in un futuro migliore e poi restituirli alle famiglie d'origine. Andò poi a finire che molti rimasero a tempo indefinito e furono adottati, altri, restituiti ai legittimi genitori, vennero aiutati a distanza, con un'onda d'affetto capace di superare fiumi e montagne. Si parla di numeri rilevanti, di oltre settantamila fanciulli, un'operazione colossale in cui entrò anche la propaganda del Partito Comunista, ma indipendentemente da ciò fu un'opera altamente meritoria.
Uno di questi bimbi è Amerigo Speranza, che vive in un basso con la madre, che ha un padre che gli si dice che è andato in America a cercar fortuna, ma che invece lascia supporre una nascita senza una legittima paternità. E' timido, ma anche deciso e amante del sapere, tanto che viene soprannominato Nobel. Parte anche lui e la scena in cui il treno si muove dalla stazione di Napoli e i fanciulli a bordo si tolgono i cappotti che l'organizzazione aveva loro regalato, gettandoli alle mamme che stazionano di fianco al binario perché potessero essere utilizzati dai fratellini, è una di quelle che è impossibile dimenticare. Del resto sono non poche le pagine indimenticabili, in cui emergono del tutto naturalmente i sentimenti e più di una volta è quasi d'obbligo prendere un fazzoletto per asciugarsi una lacrimuccia.
Non vado oltre, perché la trama è talmente bella e ben congegnata che un sunto della stessa sarebbe incapace di rendere l'idea.
Preferisco soffermarmi sullo stile, su un linguaggio che, specie nel bambino io narrante, è capace di cogliere quella mescolanza fra dialetto e italiano che impreziosisce i dialoghi, sempre facilmente comprensibili. E poi la descrizione del viaggio in treno, la capacità di far parlare dei bimbi tenendo conto della loro età e del loro grado di istruzione, le passioni, i disagi psicologici, la consapevolezza di essere nella storia restando sempre umili sono qualità di grande spessore e consentono, supportate da una struttura solida, di confezionare quello che definisco un autentico gioiello. Non capita facilmente di arrivare all'ultima pagina quasi di corsa, di chiudere il libro e di sentirsi trasformati, di vedere fra le tante brutture della vita reale ciò che è invece è bello, è umano, di sentire rinascere in sé la speranza per un mondo migliore.
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