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Le mura di Adrianopoli
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Cervo, Guido <1952->

Le mura di Adrianopoli

Casale Monferrato : Piemme, 2006

Abstract: I barbari compirono l'ultimo sforzo poco prima del tramonto, riuscendo a raggiungere in due punti il camminamento di ronda, dal quale furono però rigettati nel fossato. Proprio il tribuno Martiniano vibrò forse l'ultimo fendente della battaglia, tagliando la faccia a un atletico barbaro che, rimasto solo dopo la morte dei suoi compagni, si batteva contro i suoi molti assalitori con la ferocia di una belva in trappola. Sporgendosi a guardare dalla merlatura, Martiniano constatò che i barbari rifluivano disordinatamente alle posizioni di partenza, lasciandosi dietro, sparsi nell'erba, centinaia di caduti. Il sole tramontava, e dal procedere stanco di quei guerrieri sconfitti, che trascinavano mollemente gli scudi, si poteva arguire che almeno per quel giorno dovevano averne abbastanza. È la sera del 9 agosto del 378 d.C.. I cadaveri di più di diecimila soldati romani sono sparsi sotto le mura di Adrianopoli, caduti per difendere la città dall'assalto dei Goti guidati da Fritigerno. Anche l'imperatore Valente ha pagato con la vita l'imprudenza di aver scatenato una battaglia improba. Adrianopoli per il momento è salva, protetta dalle sue imponenti mura, ma l'impero è stato sconfitto. Dal quel giorno, per Roma, ha inizio una lunga, terribile agonia.

Moderators: Valentina Tosi

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Sul tema avevo già letto 9 agosto 378 Il giorno dei barbari, un interessante saggio di Alessandro Barbero, e sono stato pertanto curioso, più del solito, di leggere il romanzo storico uscito dalla fertile penna di Guido Cervo. Come immaginavo, il narratore bergamasco si è attenuto fedelmente ai fatti, inserendo opportunamente personaggi e vicende di fantasia, sempre plausibili con un’abilità che gli deve essere riconosciuta.
I Goti, pressati dagli Unni, che non sottomettevano, ma uccidevano, chiesero aiuto ai Romani, in particolare domandarono di entrare nel territorio dell’impero e che fossero loro assegnate delle terre da coltivare, promettendo in cambio di servire militarmente sotto di loro. L’imperatore Valente dimostrò il suo interesse, onde ottenere truppe indispensabili per liberarsi una volta per tutte del pericolo persiano, consentendo ai Goti di varcare il Danubio per entrare così nel territorio romano; finì però con il non rispettare i patti, in particolare anche per la corruzione dei suoi dignitari che rubarono gran parte delle provviste destinate agli immigrati, a cui inoltre riservarono terreni pressoché incoltivabili. Ne derivarono reciproche diffidenze che si concretizzarono ben presto in scontri armati a cui Valente credette di porre rimedio provvedendo a una tregua con i persiani e convincendo Graziano imperatore d’occidente a soccorrerlo con una grande armata. Il destino dei Goti, accampati nei pressi di Adranopoli, sembrava segnato, ma quando si combatte per la propria sopravvivenza si aguzza l’ingegno ed è quel che fece il loro capo Fritigerno, ricorrendo a un’alleanza con gli Ostrogoti e gli Alani, che contribuì ad aumentare considerevolmente gli effettivi delle truppe. Valente, peraltro, era talmente sicuro della vittoria che non attese l’armata di Graziano, anche per dimostrare la sua superiorità, e decise di dare battaglia; in verità ci furono più tentativi per evitare lo scontro, uno addirittura anche sul campo, ma con gli uomini di entrambe le parti a fronteggiarsi per delle ore non era da escludere un incidente, il che avvenne per colpa dei romani, che così diedero inizio alla lotta. I Goti che, contrariamente ai calcoli sbagliati effettuati dagli esploratori imperiali, si rivelarono notevolmente superiori di numero, ben condotti da Fritigerno ebbero ben presto campo vinto. Infatti la battaglia si concluse con un’autentica disfatta dei romani, che fra le moltissime perdite registrarono anche quelle di alcuni generali e dello stesso imperatore Valente.
Da quel 9 agosto del 378 iniziò la caduta inarrestabile del più grande impero della storia, con l’esito infausto di una battaglia che non era altro che la conseguenza di un insieme di problemi che emergevano ogni giorno e ai quali non si voleva, ma anche non si poteva, dare soluzione.

Nel contesto della narrazione di Cervo, intorno al fil rouge storicamente del tutto attendibile, si innestano altre vicende minori che, oltre a dare corposità all’opera, mostrano indirettamente come il grande impero, apparentemente monolitico, avesse i piedi ormai di argilla; si tratta con ogni probabilità di pagine in cui prevale la creatività, ma hanno un peso non trascurabile e costituiscono motivo di ulteriore interesse.
Del resto non si possono che apprezzare lo stile snello, la felice caratterizzazione dei protagonisti, l’ambientazione precisa e la descrizione delle scene di guerra, contrassegnate da una notevole dinamicità, e infine, non meno importante, l’autentica pietà dell’autore per i suoi personaggi meno fortunati.
Le mura di Adrianopoli è un romanzo di notevole bellezza.

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