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Torino : Einaudi, 2016
Abstract: In una nostrana Macondo, abitata da braccianti, boscaioli, carrettieri e da personaggi bislacchi e selvatici come il luogo in cui vivono, due ragazzi diventano amici inseparabili e ostinati nemici, sullo sfondo dei grandi eventi che segnano la storia del secolo scorso.
Moderators: Valentina Tosi
28 agosto 2024 alle 07:03
Stirpe selvaggia è la storia di un’amicizia fra tre bambini coetanei di nove anni, Mariano, Rachele e Amerigo, quest’ultimo concepito in America nel corso di un fugace rapporto della madre con Buffalo Bill; sullo sfondo ci sono i boschi dell’Appennino bolognese, carichi di leggende che li rendono esseri animati, ammantando il tutto di un alone magico. La trama inizia nel lontano 1906 e finisce nel novembre del 1944, un arco di tempo di particolare rilievo nella prima metà dello scorso secolo. Il paesino dove vivono i tre bimbi, San Sebastiano in Alpe, è popolato da personaggi indimenticabili e ricorda un po’ la Macondo di Gabriel García Márquez, sebbene in veste italiana e per certi aspetti migliore di quella uscita dalla penna del narratore colombiano.
In mezzo secolo, con la presenza di due guerre, c’è molto da raccontare anche riguardo a quel piccolo borgo montano, ma soprattutto c’è il grande valore dell’amicizia, capace di superare tutte le difficoltà, tanto che anche quando le circostanze, gli eventi separeranno i tre ragazzi, ormai diventati adulti, loro sapranno poi ritrovarsi, suggellando con un atto di eroismo quel lontano sentimento che li ha sempre accomunati.
In 298 pagine Baldini dice tanto, parla di un Italia in itinere, un paese che non ha ancora trovato la sua via da percorrere unito, un popolo con le accentuate differenze sociali che portano inevitabilmente a dei disordini; poi c’è la tragedia della Grande Guerra, da cui Amerigo, ormai chiamato Bill in virtù del padre, che peraltro non l’ha riconosciuto, e Mariano, entrambi arditi, torneranno, per quanto feriti, con il secondo addirittura privato del braccio sinistro. I giorni e gli anni corrono e se Bill è sempre in cerca di giustizia, il che finirà per metterlo nei guai, Mariano coglierà l’opportunità offerta dall’iscrizione al partito fascista.
Benché divisi politicamente resteranno sempre amici, pronti ad aiutarsi come accadrà nel novembre del 1944 in un finale di grande pathos, ma il pathos non è solo lì, l’emozione è dietro l’angolo in ogni pagina, con le poetiche descrizioni della natura, con i personaggi che ricordano i folletti, come il mingherlino Ercole e la gigantesca moglie Cristofora, oppure come l’albino Giovanni, un campionario di varia umanità che tiene sospesa la narrazione fra realtà e fantasia, un difficile equilibrio che però non viene mai meno.
E’ bravo Eraldo Baldini, ha una scrittura pregevole, esauriente senza che si trasformi in pignoleria, con un ritmo costante che chissà perché mi ricorda quello dei valzer, e forse è così, perché in fondo il romanzo sancisce la fine di un’epoca, chiamata Belle Epoque, felice per pochi, perché i proletari vivevano sempre alla giornata. Prima c’è stata la Grande Guerra, poi il fascismo, poi la seconda guerra mondiale, tutto in nemmeno cinquant’anni, tutto che cambia, tranne una indistruttibile amicizia fra tre coetanei cresciuti insieme, tre protagonisti sicuramente indimenticabili.
Stirpe selvaggia è un capolavoro.
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