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Il martire fascista
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Sofri, Adriano <1942->

Il martire fascista

Sellerio, 2019

Abstract: Nel 1927 il ministero dell’istruzione pubblica del governo Mussolini fa appello ai maestri migliori e più fedeli perché vadano nelle «nuove provincie» annesse all’Italia, a Udine, Gorizia e Trieste dove, fuori dalle città, la popolazione è pressoché interamente slovena e dove il regime fascista ha reso obbligatorio parlare solo l’italiano, a scuola, a casa, in chiesa. Fra i primi a rispondere all’appello Francesco Sottosanti, maestro elementare, fra i più fervidi ed esuberanti fascisti della prima ora. Da Piazza Armerina in Sicilia si trasferisce a Verpogliano (Vrhpolje), un paesino sloveno del Goriziano. Lì il 4 ottobre del 1930, il maestro viene ucciso a fucilate in un agguato da due sconosciuti. Ha 38 anni, lascia cinque figli e la moglie incinta di un sesto. L’Italia commossa tributa onoranze solenni al martire fascista, vittima del terrore e dell’odio antitaliano. La salma attraversa la penisola alla volta del paese natale. Intanto, i giornali d’oltreconfine pubblicano notizie sconcertanti: il maestro Sottosanti maltrattava brutalmente alunni e alunne, quando sfuggiva loro una parola slovena arrivava a spalancarne la bocca e sputarle dentro. Ed era tisico. La stampa italiana replica con sdegno, ma le notizie si fanno così circostanziate e insistite che il provveditore agli studi di Trieste comunica che c’è un equivoco, che in effetti c’è stato nell’anno trascorso un maestro che aveva suscitato la ribellione degli alunni e dei genitori per i suoi comportamenti, e comunque era stato subito allontanato. L’equivoco, sosteneva, era dovuto a un caso di omonimia: il maestro ucciso si chiamava Francesco Sottosanti, quello estromesso per i cattivi comportamenti Ugo Sottosanti. Adriano Sofri ha ricostruito questa incredibile vicenda studiando le carte riservate della polizia politica, ascoltando a Piazza Armerina il figlio novantenne del maestro.

Moderators: Valentina Tosi

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Il martire fascista è Francesco Sottostanti, un siciliano maestro di scuola elementare che, finita la Grande Guerra, va a insegnare a Gorizia, città da pochissimo annessa all´Italia e che pertanto, secondo Mussolini, ha necessità di essere italianizzata, anche usando le maniere forti, fra le quali il divieto dell´uso dello sloveno e l´imposizione della nostra lingua. Però nel 1930, nelle vicinanze di Gorizia, Francesco sottostanti viene ucciso a fucilate davanti alla porta della sua abitazione da alcuni antifascisti sloveni che tuttavia sbagliano il reale obiettivo, in quanto quello che doveva essere eliminato era suo fratello Ugo, un personaggio violento, che compiva soprusi sui bambini della sua classe e che puniva anche l´involontario ricorso allo sloveno per una sola parola aprendo la loro la bocca e sputandovi dentro, comportamento tanto più esecrabile ove si consideri che l´uomo era affetto da tubercolosi. Ad ogni buon conto l´occasione è favorevole per dare così vita a un martire fascista, con tutta la vuota retorica che ne consegue. Presto si accorgono dell´errore sia i sicari che la polizia; però l´interesse, comune, è di far finta di niente, perché per gli antifascisti sloveni sarebbe l´ammissione di un imperdonabile errore e per i fascisti invece vorrebbe dire fare marcia indietro nell´elogio del martire, dimostrando che il vero obiettivo, Ugo Sottostanti, molto più fascista del fratello ucciso, era un individuo ripugnante.
Il nome dei Sottostanti, per uno strano gioco del destino, ritorna alla storia un po´ di tempo dopo; infatti Nino Sottostanti, figlio di Francesco, è uno dei personaggi della strage di Piazza Fontana del 12 dicembre del 1969, allorché qualcuno ebbe a sospettare che per incastrare Valpreda si fosse scelto un attore che gli assomigliasse; inoltre Nino Sottostanti, detto Nino il mussoliniano, avrebbe trascorso parte della giornata del 12 dicembre con Pinelli, prima che questi volasse dalla finestra del quarto piano della Questura di Milano. In ciò si evidenzia che la storia è fatta di ricorsi e ben si sanno le conseguenze di questo attentato che coinvolsero più persone, fra le quali lo stesso Sofri.
In tutta la vicenda del martire fascista, fatta di omissioni, di menzogne, di incredibili circostanze Sofri sembra a trovarsi a suo agio, come un giocatore di calcio capace di aggirare gli avversari e di arrivare dritto in porta; in poche parole, nonostante gli intoppi, le incongruenze delle indagini, le falsità l´autore procede spedito verso il suo obiettivo che è dimostrare che, al di là dell´errore, fu un intrigo di Palazzo, a Gorizia come a Milano.
Molto apprezzabile è la capacità di Sofri di descrivere la politica razzista di Mussolini, consentendosi ogni tanto delle riflessioni sui confini, sugli incontri e gli scontri fra le genti, in ciò aiutato anche dal fatto di essere stato lui stesso un uomo di confine, nato per l´appunto a Trieste. La sua analisi dei fenomeni e anche della vicenda, che assume i toni di una farsa, è di una logicità sorprendente. Forse non si potrà essere del tutto d´accordo con l´autore, ma di certo di deve convenire che ha cercato di fare luce su uno dei tanti, troppi fatti nebulosi che che dall´unità caratterizzano l´Italia.

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