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Delatori
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Franzinelli, Mimmo <1954->

Delatori

Milano : A. Mondadori, 2001

Abstract: Il delatore della porta accanto (pronto a denunciare il vicino per prendergli la casa), le lettere anonime nel periodo delle leggi razziali (5000 lire per un ebreo), la caccia ai denigratori del Duce, le soffiate dei professori universitari e persino dei religiosi per prendere il posto dei colleghi. L'autore ha setacciato sistematicamente archivi centrali e periferici d'Italia alla ricerca di ogni possibile traccia lasciata dal sistema spionistico del regime fascista.

Moderators: Valentina Tosi

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Chi è il delatore? Il dizionario Treccani così dice: “Chi per lucro, per vendetta personale, per servilismo verso chi comanda o per altri motivi, denuncia segretamente qualcuno presso un’autorità giudiziaria o politica, soprattutto qualora eserciti abitualmente tale attività.”. Quindi si tratterebbe di omuncoli, almeno nella maggior parte dei casi, e sono personaggi sempre esistiti, ma che fioriscono in modo incredibile durante le dittature. Delatori ci sono stati nell’Unione Sovietica, specialmente all’epoca di Stalin, nella Germania nazista e nell’Italia fascista. Poche volte questi individui sono mossi da ideali, perché prevale l’invidia e la sete di denaro; sotto le dittature sono essenziali per il regime, tanto più che presentano il vantaggio per chi comanda di poterli ricattare perché ben di rado riescono a mantenere l’anonimato. Franzinelli si occupa di questa categoria che durante il fascismo si era sviluppata in modo incredibile; ricchi e poveri, laureati e quasi analfabeti, persone in vista e sconosciuti, insomma un campionario variegato di persone di notevole bassezza morale ha aiutato la dittatura per cattiveria, per invidia e anche per il vil denaro. Il fenomeno delle delazioni scoppiò, arrivando a livelli incredibili a partire dall’anno 1926 allorché uscirono nuove leggi liberticide per chi esprimeva il suo dissenso o si lamentava dell’andazzo. I provvedimenti contro gli ebrei poi furono la classica ciliegina sulla torta, con migliaia di israeiiti oggetto di delazioni, visto che ai tradizionali motivi si aggiungeva anche quello razziale. Si segnalava anche per avanzamenti di carriera, per evitare la galera per reati comuni, per avere un trattamento di riguardo qualora arrestati per motivi politici. Il regime era contento, perché così poteva stringere il cappio intorno al collo degli oppositori e tutti vivevano in una specie di timore indotto dalla possibilità di essere oggetto di delazione. Mimmo Franzinelli scopre con questo testo un comportamento vergognoso di tanti italiani e se è vero che non pochi aiutarono gli ebrei e i partigiani, è altrettanto vero che tanti li denunciarono all’autorità di polizia.
Insomma non si trattò di casi sporadici, ma i delatori furono una moltitudine, fra cui non pochi insospettabili sia per l’attività svolta, sia perché ben capaci di nascondere il viscido tipico di questi soggetti. Erano utili al regime, come si è detto, e allora è lecito chiedersi che accadde quando il regime finì, nei modi che tutti ben sappiamo. Nei giorni immediatamente successivi alla liberazione avvenne la punizione di alcune spie, quasi sempre condannate a morte con successiva immediata esecuzione. Penso sia superfluo dire che non poche volte si trattò di giustizia sommaria, visto che il reo non veniva a essere definito tale dopo un rito processuale della magistratura, ma in verità, pur a fronte di eccessi e magari di errori, furono gli unici casi di punizioni, perché trascorso il primo periodo dopo la liberazione in cui gli animi erano ancora esacerbati, subentrò la fase di normalizzazione, che si tradusse anche nel decreto legislativo luogotenenziale che, per i reati commessi dopo l’8 settembre 1943, istituì le corti straordinarie d’assise che operavano nei capoluoghi di provincia e che fino alla loro abolizione alla fine del 1947 celebrarono circa ventimila processi. Circa l’esito degli stessi molto dipendeva dalla storia dei magistrati che le componevano, così poteva capitare che chi giudicava svolgesse analoga attività nei giorni della repubblica di Salò, con prevedibili risultati. Poi larga parte delle sentenze finirono per essere annullate dalla corte di Cassazione o rinviate a corti d’assise di altra provincia. Il colpo di grazia fu poi l’amnistia del 22 luglio 1946 per reati comuni, militari e politici commessi dopo l’armistizio, interpretata in modo largamente estensivo da magistrati cresciuti in epoca fascista. Si venne così a concretizzare il famoso motto “ Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato”, con tutti che vissero felici e contenti, meno ovviamente le povere vittime, un copione che ben conosciamo.

Mimmo Franzinelli ha parlato con la consueta capacità del fenomeno dei delatori, sulla base di un vastissimo materiale che dà la misura del problema; ne è uscito un saggio di pregevole fattura, in cui viene ben descritto un tassello della nostra storia che dimostra ancora una volta, ammesso che ce ne fosse bisogno, che il fascismo non è finito il 25 aprile 1945 e che il non aver fatto i conti con il nostro passato consente di poter ricadere negli stessi errori.
Da leggere, senz’altro.

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