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Milano : Garzanti, 1986
Moderators: Valentina Tosi
9 giugno 2024 alle 08:22
Credo di aver letto tutti libri che ha scritto Ferdinando Camon, tranne tre: La malattia chiamata uomo, Il canto delle balene e La donna dei fili. Perché questa lacuna? Per l´argomento trattato che ha a che fare con l´analisi psicologica, tematica che non solo non mi ha mai interessato, ma che ho sempre considerato non di mio gradimento. Di ciò è consapevole l´autore padovano, anche per il rapporto di conoscenza che ci lega, ma ammetto che questa mancata lettura un po´ mi fa vergognare e pertanto, approfittando dell´uscita della nuova edizione di La donna dei fili, per i tipi di Apogeo, ho deciso di ovviare a questa mia mancanza, certo di fare cosa giusta e perciò ricorrendo al mio massimo impegno.
Con fatica, non poca peraltro, ho letto il libro e se non posso dire che mi ha entusiasmato, posso però anche confessare che, contrariamente alle mie iniziali previsioni, non mi è dispiaciuto. E confessare mi sembra il verbo giusto, visto che l´analisi, questo aprirsi, spalancare il proprio inconscio all´esame di uno specialista, è simile a una confessione, certamente non religiosa, ma civile, anche se i risultati sono diversi, come è ovvio che sia.
Il romanzo, perché di romanzo si tratta, è la cronaca di un´analisi a cui si sottopone la quarantenne Michela, lei sul lettino, lo specialista su una poltrona.
Viene da chiedersi chi è il protagonista e verrebbe da dire subito Michela, ma non è così, perché il protagonista è Ferdinando Camon che ha usato l´artificio di trasformarsi in donna per entrare nell´intimo più recondito delle figure femminili. Non si pensi che abbia detto uno sproloquio perché del resto lo stesso autore, in quella paginetta bianca del volume che sta all´inizio e che spesso viene usata per una dedica autografata, ha scritto (testuali parole): "Sì, certo la donna dei fili sono io", seguito dalla sua firma.
Come tutte le analisi va avanti seduta per seduta e progressivamente Michela svela il suo inconscio, da cui emergono notevoli disagi esistenziali (soffre di una grave forma di paranoia, con attacchi di panico e comportamenti asociali). Come in tutte le storie di un certo tipo il lieto fine è d´obbligo e così al termine del ciclo di terapia la donna, che prima si odiava, impara ad amarsi, così che può iniziare a relazionarsi anche con il marito e con la figlia che, per il suo atteggiamento, si erano allontanati.
La prova dell´autore padovano rivela un indubbio virtuosismo, perché, data "la finzione" di ogni romanzo, se Camon si immedesima nella donna (posso solo immaginare con quale notevole difficoltà), lo fa anche con lo psicanalista, che guarda caso è uomo, quasi un rientrare di tanto in tanto nell´essenza della mascolinità, messa indubbiamente a dura prova dal cercare di comprendere e interpretare il comportamento femminile.
Da ultimo mi sembra giusto spiegare il perché del titolo: Michela, nel confessarsi, è sicuramente imprevedibile, ma ha anche un punto fermo rappresentato dai fili, come quelli del telefono, oppure del cordone ombelicale, fili dai quali si sente soffocare tramite i disturbi che l´ossessionano.
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