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Milano : A. Mondadori, 2007
Abstract: Adam Lang è stato il premier britannico più longevo e controverso dell'ultimo mezzo secolo. E ora che ha lasciato il suo incarico, ha accettato uno dei più cospicui anticipi della storia per scrivere uno scottante memoriale sulla sua vita e sugli anni in cui è stato al potere. Per completare il libro, Lang assolda un ghostwriter che ben presto scopre molti più segreti di quanti l'ex primo ministro intenda rivelare, segreti che hanno il potere di alterare gli equilibri politici, segreti che hanno il potere di uccidere.
Moderators: Valentina Tosi
28 gennaio 2024 alle 07:53
Ho già scritto in una precedente recensione che Robert Harris alterna romanzi veramente riusciti ad altri più modesti; è stato così per V2 e per Archangel, lavori indubbiamente di impegno, ma in cui l´autore non è riuscito a concretizzare in modo convincente la sua notevole creatività, complicando storie che, se fossero state più semplici, sarebbero riuscite senz´altro meglio.
E´ anche questo il caso di Il ghostwriter, nato da un´idea indubbiamente originale, con un ghostwriter che viene assunto con lo scopo di completare le memorie di Adam Lang, il premier inglese più longevo, ma anche più controverso dell´ultimo mezzo secolo. Purtroppo per scrivere deve sapere e per sapere deve fare domande, così che scopre parecchi segreti, molti di più di quelli che il politico vuole rivelare, segreti che devono rimanere tali per non alterare gli equilibri mondiali al punto che hanno il potere di uccidere.
E´ una vicenda che parte quasi in sordina, ma poi ha degli sviluppi imprevedibili che dovrebbero costituire l´attrazione di quello che a tutti gli effetti, fino all´ultima pagina, si rivela essere un thriller, con la partecipazione nell´ombra della CIA, impegnata a conservare l´egemonia mondiale degli Stati Uniti.
Il tema, quando la trama diventa più scottante ed enigmatica, assume caratteristiche di un qualcosa di non ben definito e lascia spazio a tante ipotesi in cui è facile perdersi; il romanzo presenta queste caratteristiche, che possono essere un pregio se condotte con mano sicura e invece un difetto se chi scrive non ha le idee ben chiare di quel che intende fare e soprattutto di come farlo. La stessa complessità la si trova anche nel film L´uomo nell´ombra tratto dal libro (regia di Roman Polanski e Orso d´Argento al Festival di Berlino), ma lì c´è la possibilità di vedere scene d´azione, magari ci si lascia attrarre da una suspense marcata che nell´opera cartacea non è ricreata con particolare abilità, proprio perché la vicenda è troppo complicata e, fra l´altro, ha dei passaggi che tendono un po´ a disorientare quando finalmente si è creduto di aver capito tutto. Insomma, per farla breve, pur considerando il romanzo meritevole di lettura come svago, posso concludere che Harris ha scritto di meglio. Quindi è inutile attendersi chissà che cosa, meglio accontentarsi di sapere che può far trascorrere un po´ di tempo alla ricerca di una soluzione del thriller che tuttavia non può essere considerata del tutto logica.
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