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Il filosofo in camicia nera
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Franzinelli, Mimmo <1954->

Il filosofo in camicia nera

Mondadori, 2021

Abstract: Giovanni Gentile non è stato soltanto l'insigne filosofo dell'«atto puro», autore della «storica» riforma scolastica e direttore dell' Enciclopedia Italiana. Sin dal 1922, subito dopo la Marcia su Roma, si rivelò anche uno dei più influenti intellettuali dell'Italia littoria. Animato da un forte protagonismo politico e da un malcelato desiderio di potere, ricoprì innumerevoli incarichi e ruoli apicali negli anni cruciali della stabilizzazione del consenso al regime: ministro della Pubblica istruzione, senatore, membro del Gran Consiglio del fascismo, estensore del Manifesto degli intellettuali fascisti nel 1925, ideatore del giuramento di fedeltà imposto ai professori universitari nel 1931, direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, fondatore e presidente dell'Istituto nazionale fascista di cultura. Pronto a mettere al servizio del duce la sua vasta cultura e abilità di divulgatore, Gentile diventa un suo fidato consigliere, lo smanioso organizzatore di iniziative editoriali a sfondo propagandistico, l'ideologo di guerre a cui non prende parte. A causa di un itinerario così compromettente, perderà per strada molti tra colleghi, amici, discepoli ed estimatori. Oltre a Benedetto Croce – che gli contrapporrà il Manifesto degli intellettuali antifascisti –, Piero Gobetti, Guido De Ruggiero, Gaetano Salvemini, per citarne alcuni. Gentile rimane al fianco di Mussolini anche dopo il 25 luglio 1943 e la caduta del fascismo. Fino al 15 aprile 1944, quando viene ucciso da un gruppo di partigiani comunisti nei pressi della sua villa di Firenze. Da decenni, sulla natura di questo «delitto politico», s'infittiscono polemiche giornalistiche e storiografiche, spesso viziate da ricostruzioni d'impianto dietrologico che hanno fatto ricadere ogni responsabilità sul PCI di Togliatti, su centri occulti interni e stranieri, senza mettere in adeguato rilievo il clima di «guerra civile» in cui precipitò l'Italia nel 1943-45. Il documentato e appassionante libro di Franzinelli fa chiarezza su questo e altri aspetti oscuri della biografia gentiliana. Lo sconcertante quadro che ne emerge fa riflettere su come uno stimato intellettuale possa mutare le proprie idee fino a snaturarle, compiendo precise scelte di campo che, di fatto, contribuirono a rafforzare la dittatura mussoliniana. A pagarne il prezzo più alto fu il popolo italiano. E lo stesso Gentile.

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Al fascismo, per avere una consacrazione che andasse al di là del semplice spirito di un movimento, mancava una personalità, di chiara fama, che lo teorizzasse, una patente di nobiltà a cui un Mussolini, già al potere, non poteva che bramare. Del resto in Giovanni Gentile il duce trovò l’elemento adatto: di destra, ma liberale, e quindi non ancora fascista – ma lo diventerà in breve tempo – l’uomo, insegnante di filosofia, titolare di prestigiose cattedre universitarie, è il fondatore di una sua teoria filosofica, da lui denominata attualismo, che si può sintetizzare nel concetto che solo quello che si realizza attraverso il pensiero costituisce la realtà in cui il filosofo si riconosce. Non vado oltre, riguardo a questa teoria, per i miei limiti nella materia e anche perché non è lo scopo del bel saggio storico di Mimmo Franzinelli. Evidentemente parlare di questa filosofia ricollegandola al fascismo non rientrava negli scopi di Mussolini, a differenza di ciò che in effetti coniò Gentile come finalità del fascismo stesso, e cioè quello di creare un uomo nuovo, spirituale, per niente materialista e destinato a grandi imprese. E’ un bel fumo negli occhi che opportunamente inculcato nelle masse avrebbe fatto sì che le stesse intendessero come uomo nuovo Mussolini, esempio a cui tendere per dare un senso elevato alla propria vita. Come è ben noto, Giovanni Gentile venne assassinato dai Gap di Firenze il 15 aprile 1944, omicidio che fece, e fa ancora, molto discutere perché si ritiene non sia giusto punire un ideologo.
Al filosofo italiano si può imputare la notevole vanità, la ricerca di onori, di cariche di rilievo, di cui fu sempre gratificato da Mussolini, e lui lo ricambiò con una fedeltà a tutta prova, lui l’autore della grande riforma scolastica che si estrinseca nell’innalzamento dell’obbligo scolastico fino ai 14 anni, con un percorso che, dopo i cinque anni delle elementari, impone all’alunno di scegliere fra istituti di avviamento al lavoro, liceo scientifico, ginnasio, con quest’ultimo destinato a forgiare i nuovi amministratori dello stato. Come è possibile notare, tranne che per le elementari, uguali per tutti, è una scelta classista, benché la meritocrazia in sé non rappresenti un elemento confinante, a patto che tutti, economicamente, siano in grado di fare la scelta che ritengono più idonea.
Appare logico chiedersi perché Gentile sia stato ucciso. Non si ammazza in genere un filosofo, a meno che il suo comportamento e le sue idee abbiano avuto, e continuino ad avere, conseguenze nefaste. Tante sono le ipotesi e una delle più accreditate era la netta opposizione di Palmiro Togliatti al patto di pacificazione a cui Gentile stava lavorando. Nella primavera del 1944 il clima è da tempo quello della guerra civile, di cui indubbiamente si accorge Gentile, che continua a sostenere Mussolini, sottovalutando l’impatto dei suoi scritti dei suoi discorsi pubblici, come quello tenuto il 22 marzo all’inaugurazione dell’Accademia d’Italia, davanti a una platea ridottissima, in cui, oltre a inneggiare a Mussolini, profonde parole di stima del tutto esagerate nei confronti di Adolf Hitler, forse sperando così di riuscire a ottenere la liberazione del figlio, detenuto in un lager tedesco. Dopo tre giorni a Firenze si fucilano cinque giovani renitenti alla leva, un vero e proprio eccidio che amplifica il discorso del 22 marzo, e in questo clima si decide di rispondere al terrore con il terrore, cercando un capro espiatorio di notevole fama, e Gentile è il soggetto ideale, sia per la sua presenza costante nel fascismo, prima e dopo l’8 settembre 1943, sia perché non è difficile da raggiungere, in quanto, nonostante le incognite pericolose di un conflitto fra italiani, vive un po’ trasognato, immerso nei suoi pensieri e poco presente alla realtà.
Ecco, credo che in breve, dati i limiti di spazio, non si possa dire molto di più, e del resto per gli approfondimenti basta leggere questo riuscito saggio storico di Mimmo Franzinelli.

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