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L'anello forte
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Revelli, Nuto <1919-2004>

L'anello forte

Torino : Einaudi, [1998]

Abstract: La centralità della figura femminile emerge da questi racconti, spesso trascinanti, che fotografano vicende, generazioni, mondi diversi, e fanno conoscere quale straordinaria varietà di significati possano assumere parole quali lavoro, maternità, matrimonio. In tutte le storie c'è un identico carattere di vitalità e di forza: le testimonianze raccolte da Revelli mostrano come la famiglia e la stessa società contadina, attraversate da emigrazioni e da guerre, debbano a queste donne la loro continuità e la loro sopravvivenza.

Moderators: Valentina Tosi

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“ Qui si è incominciato a star meglio nel 1956-1957. Ed a star bene dal 1960, con la grande emigrazione. Uh, tanti sono emigrati, un terzo del paese. Qui nel 1952 c’erano ottomila abitanti, oggi siamo quattromilatrecento. Ecco perché ‘ste ragazze non si sposano più al Nord. Il padre tiene la pensione, la madre anche, e qualche pezzettino di terra. La ragazza custodisce i vecchi, e mangia. Invece prima… (...)Ah, qui la vita è dura per la ragazza che non si sposa. Passati i quarant’anni diventa come un pezzo di legno (…).”

E’ indubbio come Nuto Revelli abbia sempre inteso dar voce ai poveri, agli umili, per portare alla luce la loro condizione che altrimenti potrebbe risultare ai più sconosciuta. Lo ha fatto con La guerra dei poveri, un conflitto visto dal basso, dove tanti poveri diavoli sono mandati al macello e che nello sfacelo di uno stato, minato alle fondamenta dalla vanagloria di pochi, ritrovano dentro di loro le radici della dignità di vivere, di quell’umanità che non è propria di chi li ha sacrificati inutilmente, esseri immondi che li hanno traditi e beffati; ne ha scritto poi con Il mondo dei vinti, vere e proprie testimonianze della vita contadina, una vita che ora non c’è più, un’esistenza misera di autentica sofferenza in un mondo dolente e pregno d’ignoranza, ma che comunque aveva dei valori oggi sconosciuti, univa persone dove oggi si dividono, trovava nel poco e nel pressoché niente il necessario per vivere.
Con L’anello forte proseguono le interviste di Revelli volte a far emergere un mondo che all’epoca non era proprio solo delle valli del Cuneese, ma di tutta l’Italia che popolava le terre brulle e le montagne, con la differenza che a essere interpellate sono solo le donne, vero punto di unione della società contadina, donne che partoriscono figli, li allevano, assistono i familiari anziani, lavorano in campagna e nella stalla, esseri che nonostante i sacrifici e le privazioni riescono ancora ad avere un po’ di dolcezza e che erano il catalizzatore di ogni famiglia che viveva della terra.
Revelli, con il suo magnetofono, ha raccolto ben duecentosessanta testimonianze, di cui sessanta di donne che provengono dal Meridione e che si sono accasate sposando dei piemontesi. Il tutto è avvenuto negli anni sessanta, quelli famosi del miracolo economico, delle fabbriche che reclamavano gli operai (nel Cuneese avevano piantato le fondamenta aziende come la Michelin e una Ferrero che era ancora ben lungi dal diventare la padrona del cioccolato). La mano d’opera veniva dalle campagne che si spopolavano, interi villaggi diventavano deserti, restavano sulla terra solo anziani e donne, a penare per mettere in tavola la minestra, donne coraggiose, anche se non avevano altra prospettiva che non quella di dissanguarsi per strappare ai campi il minimo necessario per vivere. In pianura c’era un mondo che si urbanizzava, in collina e in montagna ce n’era uno che si spopolava.
Nasce così un cimitero della storia, una Spoon River dei contadini, uno squarcio su un mondo che sta per scomparire, condannato dal fatuo benessere dell’attività industriale.
Le donne diventano delle eroine, il collante di un mondo che ne impedisce la scomparsa, perché la terra è avara, ma le donne sono ancor più avare e non vogliono liberarsi di quella galera che è anche le radici della loro esistenza.
L’anello forte è un capolavoro, è l’unica possibilità di dar voce a chi voce non ha e che nel silenzio, nella fatica di vivere realizza la sua dignità.

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