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L'anima della frontiera
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Righetto, Matteo <1972->

L'anima della frontiera

Milano : Mondadori, 2017

Abstract: Alto Veneto, ultimi anni dell'Ottocento. I De Boer coltivano con perizia e immane fatica pregiatissimo tabacco e Augusto, il capofamiglia, si avventura oltreconfine per contrabbandare l'eccedenza sfuggita ai rigidi controlli del monopolio di Stato. La primogenita Jole ha quindici anni quando Augusto decide che è giunto il momento di portarla con sé in Austria: qualcun altro deve conoscere la strada. Non passerà molto tempo prima che Jole si trovi a dover compiere il viaggio da sola, insieme al suo adorato cavallo, armata del fedele fucile del padre e di tutti i ricordi del cammino fatto insieme. Inoltrandosi con solenne lentezza in una natura maestosa, rifugio accogliente e poi, d'un tratto, trappola insidiosa, Jole cerca di portare al sicuro il carico e nel frattempo di comprendere cosa sia successo al padre, che tre anni prima non era più tornato a casa proprio dopo una spedizione in Austria. In questo mitico ma completamente realistico "viaggio dell'eroe", Jole si troverà ad affrontare tutto il male che alberga nel cuore degli uomini e scoprirà in sé risorse inattese

Moderators: Valentina Tosi

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Di Matteo Righetto fino a ora avevo letto solo La stanza delle mele, un romanzo in due parti, di cui la prima interessante, con la seconda però decisamente non riuscita. E’ stato anche per questo che ho voluto conoscere almeno un’altra opera dell’autore e ho scelto L’anima della frontiera, il primo di una trilogia. Purtroppo non sono rimasto soddisfatto, perché non ho capito se questo western alpino sia stato scritto per i ragazzi – ma allora avrebbe alcuni aspetti della trama del tutto inidonei per quell’età -, oppure per gli adulti – e in tal caso presenta non poche ingenuità. La vicenda di questa ragazza che si sostituisce al padre in un’attività di contrabbando del tabacco sta proprio poco in piedi perché le si attribuisce una maturità che per la giovane età non dovrebbe avere e anche un’astuzia non indifferente, salvo poi scivolare sulla cosiddetta buccia di banana. Anche il fatto che il genitore non sia tornato da una sua spedizione annuale e, mancando da tre anni da casa si presume sia morto, potrebbe essere convincente se poi invece il l’uomo non ricomparisse per miracolo a salvare la figlia da un tentativo di violenza. L’assenza è giustificata nel romanzo con i postumi di un ferimento e la convalescenza trascorsa nella casa di un buon samaritano, una soluzione che è ben poco convincente, perché si comprende che non avrebbe potuto dare notizie di sé alla sua famiglia se fosse stato nella foresta amazzonica, ma non a pochi chilometri da casa. Del resto tutta la trama è incongruente e perfino i tentativi di descrivere la natura attraversata, con i boschi e le montagne, mancano di spontaneità, sembrano quadri messi lì perché proprio non se ne poteva fare a meno.

Per concludere non credo proprio che passerò alla lettura degli altri due romanzi della trilogia, perché uno mi è bastato e l’ho letto fino in fondo nella vana speranza che potesse riscattarsi, cercando inutilmente qualcosa che potesse mitigare il mio giudizio negativo.

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