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Bompiani, 2021
Abstract: Questo è un libro sulla storia dei libri: libri di fumo, di pietra, di argilla, di giunchi, di seta, di pelle, di alberi e, ultimi arrivati, di plastica e di luce. Ma è anche un libro di viaggio che percorrendo le rotte del mondo antico fa tappa tra i canneti di papiro lungo il Nilo, sui campi di battaglia di Alessandro, tra le stanze dei palazzi di Cleopatra, nella Villa dei papiri di Ercolano prima dell’eruzione del Vesuvio, sul luogo del delitto di Ipazia, e poi nelle scuole più antiche dove si insegnava l’alfabeto, nelle prime librerie e nei laboratori di copiatura manoscritta, fino ad arrivare davanti ai roghi dove sono stati bruciati i libri proibiti, ai gulag, all’incendio della biblioteca di Sarajevo e ai sotterranei labirintici di Oxford. Papyrus è un racconto personalissimo, dove l’esperienza autobiografica si intreccia a evocazioni letterarie e a storie antiche, e dove un filo invisibile collega i classici con il frenetico mondo contemporaneo e i dibattiti più attuali: Erodoto e i “fatti alternativi”, Aristofane e i processi agli umoristi, Tito Livio e il fenomeno dei fan, Saffo e la voce letteraria delle donne, Seneca e la post-verità. Ma questo libro è soprattutto una favolosa avventura collettiva che ha come protagoniste le migliaia di persone che nel corso del tempo hanno salvato e protetto i libri: cantori, scribi, miniatori, traduttori, venditori ambulanti, insegnanti, maestri, spie, ribelli, suore, schiavi, avventurieri... lettori al riparo delle montagne o di fronte al mare in tempesta, nelle grandi capitali dove l’energia si concentra o nelle comunità più remote dove il sapere si rifugia quando infuria il caos.
Moderators: Valentina Tosi
14 ottobre 2022 alle 06:52
Si entra in una libreria e lì ci sono tanti volumi dalle copertine invitanti e lo stesso accade quando si visita una biblioteca. Siamo talmente abituati alla presenza dei libri, fin dal primo anno scolastico, che non ci passa nemmeno per la testa di chiederci come sia nato il libro, inteso come oggetto con pagine scritte. A questa domanda che non ci siamo mai posta, ma che dovremmo porci, provvede un altro libro, questo Papyrus stilato da Irene Vallejo.
Non è una storia breve, si perde invece nella notte dei tempi e risiede nella necessità dell’uomo di comunicare, lasciando traccia di ciò che ha detto.
Papyrus è il risultato di un percorso irto e travagliato, fatto di illusioni e delusioni, di un sogno che si è concretizzato nelle sue varie forme, partendo dalle narrazioni a voce di Omero per approdare alle tavolette di argilla, alle incisioni su pietra e poi, rivoluzionando il sistema, all’utilizzo di una pianta che cresceva lungo le sponde del Nilo, il papiro. Quando poi la scrittura è approdata al cuoio, alle pelli di vitello e di pecora ha comportato, quanto maggiore era la dimensione dell’opera, delle vere e proprie stragi di animali.
Con la possibilità di scrivere più agevolmente e ovviamente di leggere altrettanto facilmente sono sorte le prime biblioteche, disponibili a un certo pubblico, ma è nata anche la prima censura, sono sorti i primi nemici degli scritti, che hanno fomentato la distruzione degli “alberghi” dei libri, come accaduto con la biblioteca di Alessandria.
Insomma la storia del libro è anche la storia dell’uomo, dato il rapporto inscindibile fra i due, una storia che è ben lungi dal finire (per fortuna, direi).
Non mancano aneddoti, esperienze personali di questa filologa spagnola che parte da Oxford per approdare a Firenze, un lungo viaggio che è anche un’avventura che invita alla riflessione emozionando, fra nuove invenzioni, come quelle della stampa, e aberrazioni umane, come i falò di libri del nazismo.
Considerato i vari supporti nel tempo utilizzati per scrivere parole ci si chiede il perché del titolo dell’opera, come se l’unico e ancora valido fosse il famoso papiro. La fibra di questo giunco ha rappresentato per lunghissimo tempo l’unico supporto effettivamente utilizzato in grande misura, presentando il vantaggio di essere facilmente trasportabile, a differenza di altri, in pietra o in metallo, assai meno pratici. L’unico concorrente all’epoca era la pelle di vitello, trattata a Pergamo con un particolare procedimento che consentiva di ottenere fogli assai sottili, con possibilità di inciderli con la scrittura da entrami i lati, e dal nome della città il supporto prese il nome di pergamena. Resta però incontestabile la maggior praticità del papiro, oltre che a presentare un minor costo di realizzazione.
Che fine farà il libro così come lo vediamo oggi, in fogli di carta rilegati? Nonostante la presenza di supporti elettronici l’autore è convinto che il volume non morirà mai e in ciò concordo, perché leggere, sfogliando le pagine e assaporando quel profumo caratteristico dato dell’unione degli aromi dell’inchiostro e della carta, è un’esperienza olfattiva di per sé appagante.
Da leggere, non solo per curiosità, ma per un sicuro accrescimento culturale.
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