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Il medico di campagna
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Balzac, Honoré de <1799-1850>

Il medico di campagna

Milano : Garzanti, 1985

Moderators: Valentina Tosi

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Se le aspirazioni politiche di Balzac furono deludenti, tanto che non riuscì a farsi eleggere deputato, miglior fortuna - se non dopo un periodo abbastanza lungo di magra - ebbe il suo desiderio di diventare uno scrittore di successo; al riguardo non è difficile vedere un nesso logico fra la mancata carriera politica e un romanzo scritto nel 1833, Il medico di campagna. In questo libro profuse tutte le sue idee di una amministrazione pubblica perfetta immaginando un paese montano, nei pressi di Grenoble, in cui grazie alle intuizioni e alle scelte del dottor Benassis, medico, nonché sindaco del villaggio, la popolazione da uno stato di indigenza passa a uno di prosperità, non solo materiale. Che il sanitario sia una specie di benefattore è indubbio, tanto più che viene da un’esperienza parigina tutt’altro che edificabile, per non dire riprovevole, ma l’uomo desidera riscattarsi e vi riesce pienamente, come ha modo di constatare un vecchio soldato, il comandante Genestas, giunto fin lì per farsi curare per malanni non ben precisati. E’ un mondo nuovo quello fondato da Benassis, basato sulla fede e sul lavoro, in pratica sul cattolicesimo e sul capitalismo. Quest’ultimo è indispensabile per avviare le prime attività che consentono l’avvio di un timido benessere e poi una crescente diffusione della ricchezza ed è allora che diventa importante la religione, per temperare la spinta dei nuovi investimenti, per finalizzarla a scopi più elevati di quello che può essere il risultato economico del singolo, volgendola invece a portare in palmo di mano un interesse collettivo. Per fa questo occorre una forza morale e questa viene data dalla fede, da un sentimento comune di appartenenza. Verrebbe da pensare al famoso motto: tutti per uno, uno per tutti. Si tratta di una bellissima idea su cui fantasticare, ma idea resta, inapplicabile tale e quale è stata concepita. Del resto di ipotesi di comune esistenza ne fiorirono parecchie nel XIX secolo: senza andare a scomodare Marx, il cui pensiero economico e filosofico può apparire vicino a quello di Balzac, ma che invece ne è lontanissimo, mi viene in mente il Cristo dell’Amiata, Davide Lazzaretti, fondatore di una comunità con caratteri propri di un socialismo mistico, senz’altro utopistico, guarda caso sorta nella seconda metà del 1800, esperienza conclusasi tragicamente, con l’uccisione dello stesso Lazzaretti, e lo scioglimento di quella che potrebbe essere definita, come nel caso anche del villaggio del romanzo di Balzac, una Comune.
Se però si è ben consapevoli dell’impossibilità di trasformare una società secondo lo spirito del dottor Benassis e quindi si dà per certo che tale idea sia del tutto utopica, resta valido il concetto secondo il quale chi amministra una comunità lo deve fare nell’esclusivo interesse della stessa, svolgendo, più che un incarico, una missione, concetto che ahimè cozza con la realtà del nostro paese, in cui i politici costituiscono una casta che si autoalimenta rappresentando, anziché i cittadini elettori, solo gli eletti.
Il medico di campagna finisce così con il diventare un esempio di quello che dovrebbe essere il buongoverno, con l’aiuto di felici descrizioni dell’ambiente e di proficue conversazioni che fanno dimenticare lo stile inevitabilmente un po’ datato, ma comunque mai greve, un’opera insomma che mette in luce altre caratteristiche di Balzac, un autore che dopo quasi due secoli è sicuramente ancora apprezzabile.

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