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Il mondo dei vinti
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Revelli, Nuto <1919-2004>

Il mondo dei vinti

Torino : Einaudi, [1997]

Abstract: Racconta Nuto Revelli che la prima idea di questo libro risale addirittura ai mesi della sua guerra partigiana. D'altra parte il suo impegno umano e civile è stato sempre quello di dar voce al dramma degli incolpevoli, dei poveri che restano in guerra anche quando arriva la pace, sfruttati, dimenticati, e di nuovo strumentalizzati, mai soggetti attivi del loro destino. Revelli ha girato per anni pianure, colline e montagne con un magnetofono, forte soltanto della sua pazienza e della sua capacità di ascolto. Ha così raccolto centinaia di testimonianze, le ha ordinate e selezionate, sino ad offrire gli 85 racconti di questo libro: storie di guerre, di lavoro, di fatica, di solitudine, di emigrazione del mondo contadino di ieri e di oggi.

Moderators: Valentina Tosi

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Questo libro ha un’introduzione che deve essere assolutamente letta prima di passare al testo vero e proprio, perché Nuto Revelli spiega il metodo seguito per parlare, con estrema concretezza e lucidità, del triste destino della campagna e della montagna del cuneese nel dopoguerra. Per estensione lo stesso fenomeno avvenne in tutta Italia nel mondo legato alla coltura dei campi, un fenomeno che in breve può essere definito la fine della civiltà contadina, di cui ha parlato anche con i suoi appassionati romanzi Ferdinando Camon. Certo le singole realtà possono essere diverse, ma quello che è stato un mondo immutato per secoli le accomuna tutte. Nel caso del cuneese, se la campagna non viene sfruttata all’eccesso o peggio ancora industrializzata, resta una realtà di miseria senza speranza; la montagna, se poi non è oggetto di insediamenti turistici, viene abbandonata e diventa quasi un deserto. Revelli, forte di quanto appreso durante la drammatica ritirata dal Don circa il dovere della memoria, ci racconta nel suo libro come era una civiltà che ora non c’è più e lo fa sulla falsariga di un’inchiesta, intervistando gente anziana della pianura, della collina e della montagna. Il suo è stato un lavoro certosino, perché munito di registratore ha interpellato ben 270 persone, poi ha provveduto alla trascrizione rispettando, per quanto possibile, la forma del parlato. A tratti sembra una delle interessantissime inchieste di Sergio Zavoli, solo che qui non ci sono immagini, ma egualmente si crea un’atmosfera che consente alla fantasia di farsi un’idea di come possa essere l’intervistato: anziano, rinsecchito da anni di duro lavoro, con la malinconica tristezza di chi si sente un vinto. E in effetti, da questi ricordi emerge un mondo di profonda miseria, fatto di duro lavoro, talmente malpagato che il guadagno sembra quasi un’elemosina; peraltro era gente che si accorgeva di non contare nulla, anzi di essere, oltre che emarginata, buona solo per essere sfruttata. E per quasi tutti c’è la memoria della Grande Guerra, il massimo dell’infelice vita personale, ognuno considerato solo uno dei tanti, in pratica un numero, niente di più che carne da cannone.
Eppure, questo mondo di sofferenza e di ignoranza presentava valori oggi ormai sconosciuti, univa persone dove oggi si dividono, trovava nel poco e niente il necessario per vivere.
Adesso non è più così e ha ragione uno degli intervistati quando dice che il povero di adesso è più ricco del ricco del suo tempo, perché esisteva in passato anche nelle classi meno disagiate quella continua incertezza del futuro che le portava a essere sparagnine, insomma che si conteneva nelle spese, limitando quei consumi che oggi invece sono lo scopo continuo di ognuno di noi.
Il mondo dei vinti è una testimonianza irripetibile di ciò che fu e di questo dobbiamo ringraziare Revelli, perché ci porta a conoscere le nostre lontane radici , ci aiuta a comprendere da che passato veniamo.

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