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Milano : A. Mondadori, 1995
Moderators: Valentina Tosi
30 agosto 2022 alle 11:40
Strano personaggio Curzio Malaparte, capace di grandi entusiasmi, ma di altrettanto grandi disillusioni, fascista della prima ora, ma poi nel corso della seconda guerra mondiale diventato ben contrario al regime, al punto di diventare, dopo l’8 settembre 1943, cobelligerante con gli Alleati (come del resto non pochi italiani, pronti a seguire lo spirare del vento). In questo secondo conflitto, a cui partecipa con il grado di capitano dopo l’esperienza da interventista della Grande Guerra, avviene la trasformazione, perché le decisioni di Mussolini incidono profondamente sulle sue scelte passate, già messe in dubbio con il periodo trascorso al confino, da cui era uscito solo grazie all’amicizia con Galeazzo Ciano, all’epoca ancora in auge. Infatti è solo allora che maturano i suoi libri più famosi; peraltro è in questo periodo che nasce l’idea di mescolare la nuda realtà con l’immaginazione, di cui tanto si avvarrà con Kaputt e La pelle, e ciò grazie alla stesura di Il sole è cieco, edito a puntate sulla rivista Tempo e ampiamente rimaneggiato dalla censura, che non poteva, in epoca fascista, tollerare una aperta critica alla nostra aggressione a una Francia, già sconfitta dalla Germania. La famosa pugnalata alla schiena si riflette nella mancanza di entusiasmo delle truppe, chiamate a combattere i francesi, soprattutto di quelle alpine, di cui Malaparte faceva parte con il grado di capitano ed è appunto il capitano il protagonista del romanzo, in pratica Malaparte stesso. I poveri soldati, che non verranno mai meno al loro dovere, si sentono chiamati a combattere in una guerra che non sentono, contro fratelli che stanno al di là del crinale dei monti, già sconfitti da altri e ora addirittura vilipesi da un Mussolini sadicamente opportunista. Se la figura del milite italiano non bellicoso stona con la propaganda del regime, la critica a quella guerra appare più sfumata, probabilmente nel timore di incorrere in strali ben oltre i veli della censura. Ne esce così un’opera che, se non riesce a realizzare completamente gli scopi prefissati, tuttavia figura come propedeutica dei ben più noti romanzi Kaputt e La pelle. La narrazione, se si fa apprezzare per le stupende descrizioni dei paesaggi montani, tuttavia appare strutturata in modo imperfetto, con pochi dialoghi e una verbosità che non agevola la lettura, anzi apporta una costante pesantezza mai più riscontrata nelle opere successive. Eppure non mancano pregi, sia negli intenti, che nella realizzazione, come si diceva appunto per l’abilità nel descrivere i panorami e nel far nascere un’atmosfera rarefatta. Inoltre resta una testimonianza di valore non solo letterario della guerra combattuta su un fronte che, nonostante fosse secondario, già metteva in luce la disorganizzazione dell’esercito italiano, senza dimenticare la mancanza di entusiasmo della truppa, che non capiva i motivi di quel conflitto e che provava vergogna per la pugnalata inferta a un nemico morente e visto come ostile solo dalla follia di Benito Mussolini.
Da leggere, pertanto.
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