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Sabbia nera
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Cassar Scalia, Cristina <1977->

Sabbia nera

Einaudi, 2018

Abstract: Mentre Catania è avvolta da una pioggia di ceneri dell'Etna, nell'ala abbandonata di una villa signorile alle pendici del vulcano viene ritrovato un corpo di donna ormai mummificato dal tempo. Del caso è incaricato il vicequestore Giovanna Guarrasi, detta Vanina, trentanovenne palermitana trasferita alla Mobile di Catania. La casa è pressoché abbandonata dal 1959, solo Alfio Burrano, nipote del vecchio proprietario, ne occupa saltuariamente qualche stanza. Risalire all'identità del cadavere è complicato, e per riuscirci a Vanina servirà l'aiuto del commissario in pensione Biagio Patanè. I ricordi del vecchio poliziotto la costringeranno a indagare nel passato, conducendola al luogo dove l'intera vicenda ha avuto inizio: un rinomato bordello degli anni Cinquanta conosciuto come «il Valentino». Districandosi tra le ragnatele del tempo, il vicequestore svelerà una storia di avidità e risentimento che tutti credevano ormai sepolta per sempre, e che invece trascinerà con sé una striscia di sangue fino ai giorni nostri. «Di scenari raccapriccianti, nella sua carriera, il vicequestore Giovanna Guarrasi ne aveva visti assai: uomini incaprettati e bruciati vivi, cadaveri cementati dentro un pilastro, gente sparata, accoltellata, strangolata e via dicendo. Ma l'immagine che le apparve quella sera si poteva descrivere solo con un termine, da lei vilipeso e definito "da romanzo gotico". Macabra. Abbandonato di sghimbescio sul pavimento di un montavivande di un metro e mezzo per un metro e mezzo, giaceva il corpo mummificato di una donna. Il capo, con ancora i resti di un foulard di seta, era piegato a novanta gradi su un cappotto di pelliccia che copriva un tailleur dal colore indistinguibile; appese al collo, tre collane di lunghezza diversa. Sparsi attorno al cadavere, una borsetta, un beauty case di quelli rigidi che si usavano una volta, una bottiglietta di colonia senza tappo e una scatola metallica che aveva tutte le sembianze di una cassetta di sicurezza».

Moderators: Valentina Tosi

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Può sembrar facile scrivere un romanzo giallo, che si basa soprattutto su una trama secolare, vale a dire un delitto, la ricerca del colpevole da parte dell’autorità giudiziaria e infine la chiusura delle indagini con la scoperta del reo, ma non è così, proprio perché una trama obbligata richiede, per attirare il lettore, un’originalità, dei personaggi ben disegnati e uno stile particolarmente scorrevole. Per Cristina Cassar Scalia, di professione oftalmologo, cioè oculista, l’impegno profuso per scrivere Sabbia nera deve essere stato notevole, poiché è riuscita a dare al suo lavoro una struttura equilibrata, una vicenda di una originalità particolare (il casuale rinvenimento di una mummia di una donna ammazzata mezzo secolo prima), un vicequestore (Giovanna Guarrasi, detta Vanina, a cui dona vita con caratteristiche sue peculiari, non solo fisiche, in corso d’opera), i collaboratori dello stesso, validi e che suscitano immediata simpatia, fra i quali particolarmente riuscita è la figura di Biagio Patanè (un anziano ex commissario occasionalmente coinvolto), una soluzione del caso che avviene dopo un susseguirsi di colpi di scena caratterizzati da una loro logicità, l’ambientazione a Catania e in una villa sotto l’Etna in eruzione e che ricopre tutto di cenere nera, donde il titolo azzeccato.
Sinceramente, prima di leggere ero scettico sulla possibilità che il romanzo potesse interessarmi in modo particolare, ma mi sono dovuto ricredere già dalle prime pagine, tanto che è cresciuta in me l’ansia di non staccare gli occhi dal volume fino a quando le indagini non si fossero concluse, uno stato d’animo che non sperimentavo da diverso tempo. A ciò ha contribuito in modo determinante lo stile, con una fluidità della scrittura e un ritmo mai eccessivo, ma costante, che non poco ha contribuito affinché fossi avvinto da questa trama che vede un duplice delitto commesso addirittura mezzo secolo fa, il che rende particolarmente difficili le indagini, anche perché eventuali testimoni in buona parte hanno finito con il passare a miglior vita. Proprio per questa discrepanza temporale l’autore avrebbe potuto cadere in una narrazione caratterizzata da una discontinuità dovuta a non improbabili flashback, che invece ha giustamente preferito evitare restando nel tempo presente, ma riuscendo a dare un’idea convincente di quello accaduto una cinquantina di anni prima.
Ne è uscito un romanzo capace di attrarre considerevolmente e di far trascorrere con piacere alcune ore di una amena lettura, il che non è proprio poco.

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