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Torino : Einaudi, 2007
Abstract: Vorrei che tutti potessero ascoltare il canto delle coturnici al sorgere del sole, vedere i caprioli sui pascoli in primavera, i larici arrossati dall'autunno sui cigli delle rocce, il guizzare dei pesci tra le acque chiare dei torrenti e le api raccogliere il nettare dai ciliegi in fiore. In questi racconti scrivo di luoghi paesani, di ambienti naturali ancora vivibili, di quei meravigliosi insetti sociali che sono le api, ma anche di lavori antichi che lentamente e inesorabilmente stanno scomparendo. Almeno qui, nel mondo occidentale. Nella prima parte leggerete ricordi di tempi assai tristi, quando, da giovani ci trovammo coinvolti in quella che dalla storia viene definita Seconda guerra mondiale. Leggendo più avanti troverete anche storie di animali selvatici e di uomini che vivevano e qualcuno ancora vive in un ambiente sempre più difficile da conservare. I miei brevi racconti non parlano di primavere silenziose, di alberi rinsecchiti, di morte per cancro, ma di cose che ancora si possono godere purché si abbia desiderio di vita, volontà di camminare e pazienza di osservare. (Dall'Introduzione dell'autore)
Moderators: Valentina Tosi
18 marzo 2022 alle 21:10
Ogni volta che apro un libro scritto da Mario Rigoni Stern avverto una sensazione del tutto particolare che appare già dalle prime righe e che mi accompagna per tutta la lettura; infatti mi sembra di entrare in un altro ambiente, in una camera rischiarata solo dal fuoco di un camino, e c’è lui, Mario Rigoni Stern, che, ravvivata la fiamma con nuovi ciocchi, mi invita a sedere e comincia a raccontare, con un tono pacato, e una voce calda. E immediato è il senso di serenità che mi pervade, un appagamento dell’anima, una pace interiore, rara e infinitamente preziosa. E’ accaduto anche per questa raccolta di racconti, in cui i temi preponderanti sono quelli della natura vista con gli occhi di chi ha nei suoi confronti un profondo rispetto e così protagonisti sono diversi animali, dal gufo delle nevi al fagiano di monte, dal picchio rosso alle volpi, per non parlare delle api, per le quali l’autore ha una vera e propria venerazione. Se si parla di animali si finisce poi con il parlare di caccia, una caccia d’altri tempi, una sfida fra predatore e preda sostanzialmente su un piano di parità, sempre nell’ottica del più profondo rispetto per la natura. Non mancano poi prose su alcuni tipici lavori in montagna, da quello praticato dai cavatori di marmo rosso a quello dei carbonai, attività che oggi, non tutte, ma quasi, sono scomparse, e quindi la narrazione di Rigoni Stern è un prezioso contributo di carattere storico, è una testimonianza per il futuro al fine di poter conoscere tutto quanto rappresenta le nostre radici. Se la maggior parte dei racconti deriva da quotidiane osservazioni del mondo circostante, altri invece rappresentano il desiderio di conservare la memoria, come quello stupendo della battuta di caccia al cervo per la ricorrenza di Sant’Uberto, quando l’autore era detenuto prigioniero in un lager miniera di ferro a cielo aperto in Austria; c’era la guerra, ma l’umanità non si era persa, come dimostreranno tangibilmente dei vecchi cacciatori. Se poi vogliamo restare su tematiche che emozionano il libro finisce splendidamente con il racconto L’ultimo viaggio di un emigrante, con cui rifulge tutta la carica umana di Rigoni Stern; sono righe struggenti che portano a una inevitabile commozione, e nella figura dell’emigrante che, con i risparmi di una vita, lascia l’albergo per anziani nel Michigan per una vacanza al suo paese d’origine, un ritorno alla propria terra, una rivitalizzazione delle proprie radici, un viaggio dagli Stati Uniti all’Italia che per lui sarà di solo andata ho ritrovato un po’ di Tönle, la straordinaria figura del montanaro errante per mantenere la propria famiglia, protagonista di un romanzo breve di straordinaria bellezza e che a suo tempo fu onorato con il prestigioso premio Campiello.
Dispiace poi, arrivati all’ultima pagina, non poter continuare, ma la figura di Mario Rigoni Stern, che magicamente immagino visto che il fuoco si è spento, si alza e mi saluta, ma non è un addio, è un radioso arrivederci a domani, foriero di altre stupende narrazioni.
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