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Mondadori libri, 2017
Abstract: La Commedia è un'opera di finzione, ma in età medievale non esistono altre opere di finzione che registrino in modo così sistematico, tempestivo e quasi puntiglioso fatti della storia, della cronaca politica, della vita intellettuale e sociale contemporanei. E, per di più, senza temere di addentrarsi in retroscena noti solo per sentito dire o in quello che oggi chiameremmo gossip politico e di costume. Per molti aspetti, assomiglia agli odierni instant-book." Il libro di Marco Santagata costituisce, nello scenario della letteratura dantesca, una novità. Perché è, prima di tutto, l'appassionato racconto, il "romanzo" appunto, della tormentata e semisconosciuta esistenza di un uomo dall'io smisurato, che si sentì sempre "diverso e predestinato", che in ogni amore e in ogni lutto, nella sconfitta politica e nell'esilio, e in particolare nel proprio talento, scorse "un segno del destino, l'ombra di una fatalità ineludibile, la traccia di una volontà superiore". Ed è, insieme, il documentato ritratto di un Dante profondamente calato nella vita pubblica e culturale della sua città, Firenze, e nelle complesse dinamiche della storia italiana tra Due e Trecento. Grazie al sapiente intreccio di vicende storiche e private, Santagata raggiunge il duplice obiettivo di ricomporre il quadro più completo possibile del Dante padre di famiglia, filosofo, poeta, uomo di partito e di corte, e analizzare ogni sua opera alla luce del contesto storico e biografico.
Moderators: Valentina Tosi
27 novembre 2021 alle 09:45
Dopo la lettura di Dante, la biografia scritta do Alessandro Barbero, ho ritenuto opportuno leggere quella frutto delle mani sapienti di Marco Santagata, che più che storico è famoso quale esperto della poesia italiana del XIII e del XIV secolo, in particolare di quella di Petrarca e di Dante. Nonostante il sottotitolo sia “Il romanzo della sua vita” non è assolutamente una fiction, bensì è una biografia che riesce sapientemente a integrare il periodo storico con l’attività letteraria di Dante Alighieri. Qualcosa di simile aveva fatto anche Barbero, privilegiando però l’aspetto storico, mentre invece l’opera di Santagata è di carattere storico-letterario, circostanza che, se da un lato rende meno facile e scorrevole la lettura, dall’altro presenta una completezza di notevole rilievo. Pagina dopo pagina, seguendo il corso della vita del poeta fiorentino e delle vicende storiche dell’epoca, in particolare di Firenze, si delinea la figura di un personaggio egocentrico, un uomo di indubbie qualità, ma che è convinto di essere un predestinato, un essere superiore agli altri in tutti i campi, ma che purtroppo per lui lo era solo in campo letterario. Un “io” così smisurato che lo faceva sentire come un inviato da Dio per salvare l’umanità era facile che finisse con lo scontrarsi con una realtà in cui diveniva vittima di se stesso, giacché, se la politica non era certamente nelle sue qualità, lui invece era convinto di essere un genio anche in quel campo, con i risultati che comportarono il suo esilio perpetuo e fecero di lui un esule alla disperata ricerca di un rifugio.
Santagata riesce nell’arduo compito di scrivere una biografia congiunta a un’analisi delle sue opere, così che risulta una completezza della figura del Dante uomo e del Dante artista, in grado di aiutarci a comprendere anche non pochi passi del suo lavoro migliore, la Divina Commedia.
Quindi, come ho sopra precisato, non ci troviamo di fronte a quel genere che con un anglicismo viene chiamato fiction, bensì a un testo scientifico elaborato però in modo da essere reso accessibile ai più, insomma non un libro greve e di difficile comprensione, bensì un discorso notevolmente approfondito, e pur tuttavia scorrevole, che non stanca e avvince invece.
Se la persona di un Dante egocentrico può a tratti apparire irritante, il prezzo pagato, cioè quell’incertezza che lo accompagnerà durante tutto l’esilio fino alla morte e che gli farà scrivere nel Paradiso (XVII 58 – 60) “Tu proverà sì come sa di sale / Il pane altrui, e com’è duro calle / lo scendere e 'l salir per l'altrui scale.”, ci restituisce alla fine un uomo da ammirare per le sue grandi qualità letterarie, ma anche da compiangere per un destino così avverso che lo ha reso esule e alla mercé della benevolenza di coloro presso cui temporaneamente si rifugiava e che provvedevano al suo sostentamento.
C’è anche dell’altro, però, e cioè il disegno di un’epoca in cui imperano i comuni e che vede Firenze, fra alterne vicende, in crescita, quella Firenze le cui ricchezze artistiche sono oggi sotto gli occhi di tutti, ma che in quel tempo erano appena abbozzate, ancora al di là da venire, e allora viene da chiedersi che cosa avrebbe detto Dante se fosse potuto rientrare nella sua città diventata uno scrigno d’arte. Credo che avrebbe pensato che, come nella sua Commedia, dopo il periodo dell’Inferno e del Purgatorio fosse arrivato per lui il Paradiso.
Da leggere e rileggere.
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