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Milano : Ugo Mursia, 2016
Abstract: Uno dei più celebri ed emozionanti diari della Grande Guerra, gremito di personaggi e di episodi, dal quale emerge tutta la drammaticità e l'umanità della vita in montagna e nelle trincee: l'orrore della prima linea contrapposto al raggelante distacco degli alti comandi e delle retrovie, la morte e la giovinezza, il valore e il mugugno. Cronache scritte in presa diretta da un giornalista di rango che raccontano un mondo dove hanno posto le stragi e il desiderio delle donne, le bevute, l'arrivo della posta, la malinconia, l'eroismo estremo e la bellezza dei boschi e dei monti. Monelli non predica e non denuncia ma, semplicemente, racconta a volte amare verità, come la fucilazione di soldati, a volte episodi divertenti e ilari. Cronache, appunto, di gaie e tristi avventure di alpini, di muli e di vino.
Moderators: Valentina Tosi
27 novembre 2021 alle 09:42
Mettere le scarpe al sole, nel gergo degli alpini, significa perdere la vita in battaglia e di alpini che muoiono colpiti da un proiettile o dilaniati da una bomba ce ne sono tanti in questo libro scritto da Paolo Monelli, un riuscitissimo diario sulla sua esperienza di vita nel corso della Grande Guerra. E’ quasi per caso che mi sono accostato a quest’opera e il merito è di mia madre, ormai scomparsa, che in verità ebbe a parlarmi dell’omonimo film, uscito nel 1935, diretto da Marco Elter, tratto dal libro, per quanto modificato nella trama, ma senza perderne lo spirito. Considerata l’epoca, nel pieno del ventennio, ci sarebbe da aspettarsi sia nel libro di Monelli che nel film l’esaltazione dei valori patriottici, il richiamo al popolo guerriero, una retorica assidua, e invece non è per fortuna così. Passo ovviamente allo scritto, tanto più che non ho visto la pellicola, e dico subito che a un iniziale sconcerto per lo stile che mescola, apparentemente alla rinfusa, riflessioni, ispirazioni poetiche, anche versi, gerghi militari e dialetti, è seguita una crescente attenzione, perché pagina dopo pagina si è aperto quello che è il sottotitolo (Cronache di gaie e tristi avventure di alpini, di muli e di vino), un mondo tutto nuovo in cui all’atrocità della guerra si contrappone un cameratismo in cui la solidarietà è un obbligo sentito; inoltre si combatte, rassegnati, sovente anche motivati, ma senza odio verso il nemico che anzi si considera un’altra vittima di decisioni che vengono dall’alto, fra una bevuta e l’altra di vino, l’autentica benzina che fa andare avanti un motore umano che altrimenti scapperebbe a gambe levate. Si beve insieme e si muore insieme, si patisce il freddo dell’inverno, ci si inzuppa con le piogge autunnali, non si ama la guerra che però viene considerata una necessità per raggiungere lo scopo di un’Italia più ampia e diversa. Il protagonista principale, il tenente Paolo Monelli, partecipa e registra poi sul suo diario, descrive l’orrore, ma anche la bellezza della natura, va all’assalto senza odio, ama i suoi compagni e detesta gli imboscati, è un uomo a cui con il conflitto è sottratta la giovinezza e che matura amaramente giorno dopo giorno.
Verrà anche la prigionia, la fame, la fuga dal lager e la cattura, la pietà dei carcerieri austriaci, affamati come i detenuti, eppure spesso compassionevoli. Se la guerra è una gran brutta bestia, la successiva pace sarà ancora peggio, perché l’Italia allargata ritorna quella di prima, non ha nessun rispetto per i reduci e soprattutto per quelli che tornano dalla prigionia, illusi di rinascere a nuova vita.
Per certi aspetti Le scarpe al sole mi ricorda Giorni di guerra, di Giovanni Comisso, con una differenza però: nel primo rifulge il valore dell’amicizia, in grado di aiutare a sopportare ogni tormento, con le colossali bevute in compagnia, mentre nel secondo la guerra è vista come un’avventura con gli occhi di un soldato che ancora crede di giocare, ma che maturerà di colpo in occasione della disfatta di Caporetto. In entrambi i casi si tratta di libri di particolare valore, in grado di attrarre dall’inizio alla fine, e che hanno il pregio di non esaltare mai la guerra.
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