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Torino : Einaudi, 2014
Abstract: Aprile 1945. Col finire della guerra il commissario De Luca vuol prendere le distanze dal proprio passato nella polizia politica e adesso indaga proprio su quei crimini comuni, che in tempi di dissoluzione di un regime passano senz'altro in secondo piano. Ma le cose non vanno come ci si aspetta. Nulla è scontato, nulla obbedisce al modello di una trama ben confezionata di cui l'autore sa già tutto. Sembra anzi che Lucarelli sia lì, appena un passo davanti a noi, ansioso quanto noi di scoprire dove diavolo lo porti il suo personaggio, a quale rivelazione di sé. Può darsi che l'indagine porti lontano, proprio in quel mondo febbrile di corruzione e traffici loschi e sospensione di ogni regola che ben si sposa con la fine di una dittatura. Può darsi che porti a scoprire qualcosa che ci appartiene profondamente, come italiani, e che forse non è mai passato, forse è ancora li che aspetta. E anche De Luca è con noi, con la sua malinconia, con quello che può apparire perfino cinismo, e invece è solo la consapevolezza che, nella vita come in una indagine degna del suo nome, arriva sempre il tempo di scegliere. Bentornato, commissario.
Moderators: Valentina Tosi
7 novembre 2021 alle 09:44
Il commissario De Luca, con l’approssimarsi della fine della guerra (la vicenda si svolge nell’aprile del 1945) intende rimediare all’errore di essere a suo tempo passato nei ranghi della polizia politica e il giorno stesso in cui è di nuovo alle dipendenze della Questura viene scoperto l’omicidio di tale Rehinard, un bellimbusto ammazzato con un taglia carte e successivamente evirato, un delitto che per le sue modalità e soprattutto per quella mutilazione si può pensare sia stato commesso da una donna, magari tradita. Infatti, la vittima, di bell’aspetto, coltivava molte amicizie femminili, soprattutto di quelle che contano, cioè mogli o parenti strette di influenti elementi del regime. De Luca si avventura quindi in un campo minato, ma ha il pieno appoggio, anzi l’aperto stimolo a indagare, del Questore e del segretario del Fascio. In realtà a questi due interessa ben poco scoprire la verità, ma vogliono mettere nel sacco un personaggio di rilievo, quale il conte Tedesco, favorendo un fascista molto legato a Mussolini. De Luca quindi avvia un’indagine dove nulla è ciò che appare, dove si seminano indizi e si cancellano prove e in cui si deve procedere con i piedi di piombo, ma guardandosi le spalle, non solo per il timore di attacchi dei partigiani, ma soprattutto perchè la propria parte si presenta fluttuante, amica solo in apparenza. Alla fine, con altri morti ammazzati che depistano l’indagine, De Luca ha un intuito che lo porta a risolvere il caso e mentre in auto sta portando il colpevole in questura incrocia il veicolo del suo precedente comandante della Sezione politica che gli comunica che gli Alleati, passato il Po, sono prossimi ad arrivare e lo invita a salire sul suo mezzo per fuggire più a nord; il commissario, a conoscenza del fatto che il suo nome è inserito nella lista di quelli da eliminare stilata dai partigiani, aderisce suo malgrado.
Carta bianca, benché sia un romanzo breve (solo 107 pagine), è intenso come pochi e in grado di avvincere, trasmettendo al lettore la tensione del periodo storico; gli ultimi giorni di un regime morente, con tutti gli intrallazzi dei coinvolti per salvare la pelle, sono resi benissimo, tanto che si ha netta l’impressione che l’aspetto poliziesco sia solo un pretesto che ha escogitato Lucarelli per parlarci della dissoluzione della Repubblica Sociale Italiana e del fascismo. Posso dire che l’intento del narratore emiliano è riuscito pienamente, tanto che sovente si respira un’aria marcescente, mentre tanti scappano impauriti, ma intenti a compiere gli ultimi gesti di potere, come se chi ha dato vita a una tragedia volesse esserne fino in ultimo il protagonista.
Da leggere, il romanzo merita senz’altro.
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