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Patria
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Aramburu, Fernando <1959->

Patria

Milano : Guanda, 2017

Abstract: Cresciuti entrambi nello stesso paesino vicino a San Sebastián, Txato e Joxian sono sempre stati legati da una profonda e sincera amicizia fatta di cose semplici come le serate in osteria e le domeniche in bicicletta. E anche le loro mogli, Bittori e Miren, sono state care amiche, così come i loro fgli, tutti nati e cresciuti tra gli anni Settanta e Ottanta. Ma poi la violenza ha spezzato questo sereno equilibrio: Txato è stato ucciso in un attentato dell'Eta, e Bittori se n'è andata, non riuscendo più a vivere nel posto che l'aveva vista felice. Ma ora, in un piovoso pomeriggio dell'autunno 2011 Bittori è sulla tomba di Txato, per dirgli che ha deciso di tornare nel paese dove tutto è cominciato, per cercare una riconciliazione con il dolore del passato e cercare di capire che cosa sia accaduto davvero il giorno dell'omicidio...

Moderators: Valentina Tosi

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In Spagna, nei Paesi Baschi, vivono, fra l’altro, due famiglie, nelle quali il capofamiglia dell’una muore assassinato in un attentato dell’ETA, nelle cui file milita un membro dell’altra. Peraltro, i due nuclei erano molto amici, circostanza che rende ancora più stridente l’evento delittuoso, una tragedia nella tragedia, perché nulla sarà più come prima. Aramburu, nel parlarci dei membri di queste famiglie, riesce a ricreare l’atmosfera di un paese in cui i “nemici” possono risiedere nella stessa casa, magari avere addirittura il pianerottolo in comune, e questo è il dramma di ogni guerra civile, forse la più “incivile” fra tutte le guerre. Inoltre l’autore ci riporta le sensazioni, le opinioni di ognuno di questi familiari, quasi un’inchiesta, che però è un romanzo e del romanzo ha le caratteristiche di opera che scorre veloce, ma che permette anche al lettore di riflettere. Così facciamo conoscenza con Txato, la vittima, con la moglie Bittori, con i figli Xavier e Nerea; per l’altra famiglia ci sono le storie vissute da Joxian con la moglie Miren, con il primogenito, membro dell’ETA, Joxe Mari, e gli altri due figli Arantxa e Gorka. Di ognuno prendiamo così una conoscenza diretta, riusciamo a comprendere torti e ragioni, poco a poco si ritrae l’impressione di averli sempre conosciuti, si arriva a illudersi che potrebbero essere nostri vicini di casa. Ma su tutto domina la sofferenza, la sofferenza dei familiari per la perdita del padre, il dolore dell’altra famiglia per la perdita di un amico e per un’amicizia che non sarà più tale. Aggiungo che questa sensazione di entrare a far parte della storia porta dapprima a una nostra attrazione, poi all’immaginazione di vivere anche a noi nel paesino della vicenda, Euskadi. Sono d’accordo che è un’illusione, ma la capacità di attrarre il lettore è proprio quella di coinvolgerlo, di essere almeno un testimone inerte, se non addirittura partecipe della storia. Aramburu raggiunge questo raro pregio mescolando abilmente i periodi temporali, come se anche noi, nel corso della narrazione, avessimo memoria degli eventi passati, come se le radici degli altri fossero anche le nostre.
Patria è questo e proprio per questo è un capolavoro.

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