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Fazi, 2020
Abstract: Un viaggio a due attraverso l’Italia, intrapreso nel periodo più cruento della guerra, e la nascita di un’amicizia speciale. Roma, aprile del 1944. L’archeologo Filippo Cavalcanti è incaricato dal Ministero di recarsi a Bressanone per controllare gli imballaggi di un carico di opere d’arte destinate alla Germania. Arrivato sul luogo, l’ormai anziano professore conosce Quintino, un intraprendente ragazzo ischitano spedito al confino in Alto Adige. Vista la situazione incerta in cui versa il Paese e il pericolo che minaccia entrambi, i due decidono di scappare insieme per riportare le opere d’arte a Roma. In un avventuroso viaggio da nord a sud, i due uomini, dalla personalità molto diversa, e nonostante la distanza sociale che li separa, avranno modo di conoscersi da vicino e veder crescere pian piano la stima reciproca. Grazie alle capacità pratiche di Quintino e alla saggezza di Cavalcanti, riusciranno a superare indenni diversi ostacoli ma vivranno anche momenti difficili incontrando sulla strada partigiani, fascisti e nazisti, come pure contadini, monaci e gente comune, disposti ad aiutarli nell’impresa. Giunti finalmente a Roma, che nel frattempo è stata liberata, si rendono conto che i pericoli non sono finiti e decidono così di proseguire il viaggio per mettere in salvo il prezioso carico tra imprevisti e nuove avventure. Paesaggi insoliti, valli fiorite e boschi, risvegliati dall’arrivo di una strana primavera, fanno da sfondo a questa vicenda delicata e toccante, una storia appassionante sul valore dell’amicizia con cui l’autore, ancora una volta, riesce a commuovere ed emozionare.
Moderators: Valentina Tosi
28 febbraio 2021 alle 17:03
La trama del libro (il recupero di opere d’arte trafugate dai nazisti per riportarle a Roma nonostante l’Italia sia divisa in due dalla guerra) è di per sé interessante, e a maggior ragione quando questa missione viene effettuata da un maturo archeologo di fama mondiale e da un simpatico ischitano dalle mille risorse. Per quanto ovvio l’impresa non è di per sé impossibile, ma certamente difficile e pericolosa. E’ così che i due partono da Bressanone, passano il confine con Svizzera, rientrano in Italia dal Piemonte e lungo strade secondarie, caratterizzate da una paesaggistica di tutto rispetto, fra mille avventure e peripezie riescono nell’intento, arrivando alla capitale da poco liberata dagli alleati.
Non esistono posti lontani ha il sapore di una favola e alterna momenti di inevitabile tensione ad altri picareschi, anche se il tono semiserio non manca nemmeno nei fatti in cui dovrebbe essere tangibile il senso del pericolo. Nonostante si tratti di due caratteri che possono sembrare diversi (il professor Filippo Cavalcanti serioso, poco incline alla confidenza, tutto teso a svolgere al meglio la missione che si è prefissata, Quintino Aragonese, maestro nell’arte di arrangiarsi, incapace di resistere alla possibilità di un furtarello, ma generoso e appassionato con chi stima) in effetti hanno poche differenze, perché entrambi sono affascinati dalla farsa. Se la narrazione, e di conseguenza la lettura, scorrono senza intoppi è tuttavia preliminarmente necessario sorvolare su non poche incongruenze, come per esempio la facilità con cui in piena guerra si esce dall’Italia per andare in Svizzera e l’altrettanta facilità con cui è possibile rientrare, ma forse ciò è dovuto al tono semiserio che l’autore ha dato al racconto, tono che obiettivamente rende piacevole la lettura, più attratti dallo svolgersi della vicenda, che non finisce a Roma (e non aggiungo altro) e che procede veloce senza mai arrivare a livelli di autentica drammaticità, ricordando piuttosto per certi versi altri quella di due altri celebri personaggi, frutto dell’abile inventiva di Miguel de Cervantes, vale a dire Don Chisciotte della Mancia e il suo scudiero Sancho Panza. Certo qui non troviamo mulini a vento con cui duellare, bensì ci imbattiamo nei disastri di una guerra autentica, attraverso la quale Filippo e Quintino passano spensieratamente indenni. E come qualsiasi favola non può avere una conclusione triste, questo vale anche per questo racconto, che termina pur sempre nel mondo dell’arte, con i due protagonisti pronti per una nuova impresa da tempo di pace e indubbiamente redditizia.
Mi sono divertito - ed è quel che conta - senza che mi sia rimasto molto dentro, se non il valore dell’amicizia che può portare a risultati clamorosi, e chissà che l’autore non voglia dare un seguito, perché i due protagonisti lo meriterebbero senz’altro.
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