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Longanesi, 2019
Abstract: "Li chiamano «cold case», e sono gli unici di cui posso occuparmi ormai. Casi freddi, come il vento che spira tra queste valli, come il ghiaccio che lambisce le cime delle montagne. Violenze sepolte dal tempo e che d'improvviso riaffiorano, con la crudele perentorietà di un enigma. Ma ciò che ho di fronte è qualcosa di più cupo e più complicato di quanto mi aspettavo. Il male ha tracciato un disegno e a me non resta che analizzarlo minuziosamente e seguire le tracce, nelle valli più profonde, nel folto del bosco che rinasce a primavera. Dovrò arrivare fin dove gli indizi mi porteranno. E fin dove le forze della mia mente mi sorreggeranno. Mi chiamo Teresa Battaglia e sono un commissario di polizia specializzato in profiling. Ogni giorno cammino sopra l'inferno, ogni giorno l'inferno mi abita e mi divora. Perché c'è qualcosa che, poco a poco, mi sta consumando come fuoco. Il mio lavoro, la mia squadra, sono tutto per me. Perderli sarebbe come se mi venisse strappato il cuore dal petto. Eppure, questa potrebbe essere l'ultima indagine che svolgerò."
Moderators: Valentina Tosi
11 novembre 2020 alle 14:31
Il primo romanzo di Ilaria Tuti che ho letto è stato l’ultima opera di questa narratrice friulana e si tratta di Fiore di roccia, un riuscito omaggio al duro e pericoloso lavoro delle portatrici nel corso della Grande Guerra. L’impressione che ne ho ricavato è stata positiva, tanto che l’ho giudicato buono e non un capolavoro a causa di una certa discontinuità logica, presente in tutte le parti, meno in quella finale. Poi, come i gamberi sono andato a ritroso e ho letto Ninfa dormiente, lavoro di tutt’altra natura, un thriller per intenderci dove si trova di tutto: dal bellissimo disegno di una ninfa addormentata realizzato con il sangue a una valle, per certi versi misteriosa, la Val Resia, abitata da popolazioni di origini slave in cui si svolge buona parte del romanzo, il tutto avvolto da un alone di mistero e condito da scomparse e uccisioni di esseri umani in modo decisamente sanguinario. E’ un’indagine difficile e pericolosa quella che conducono il commissario Teresa Battaglia e il suo aiutante l’ispettore Massimo Marini, in un ambiente paradisiaco quale può essere una valle alpina, ma anche ostile, teso a conservare un segreto con qualsiasi mezzo; a ciò si aggiungono le problematiche personali dei due poliziotti e che occupano una parte non trascurabile del romanzo che, se da un lato procede con la giusta tensione che si richiede per un thriller, dall’altro s’ingarbuglia sempre di più con l’introduzione di riti sciamanici e di cerimonie sacrificali con aspirazioni anche esoteriche, però mai concretizzate. In tutta sincerità devo ammettere che l’opera mi ha avvinto perché non c’è di meglio di un mistero irrisolto che, ogni tanto, si crede di aver svelato, ma che subito riprende corpo, per attirare di nuovo l’attenzione del lettore. Tuttavia, mano a mano che si procede diventa sempre più difficile districarsi fra realtà e turbe psicologiche, tanto più che l’origine del tutto risale al 20 aprile 1945 e si perpetua negli anni successivi in un guazzabuglio di morti ammazzati perché non parlino e di altri che invece spariscono perfino dalle tombe del cimitero. Francamente, pur sempre più teso a conoscere la verità tanto che ho accelerato il ritmo di lettura, piano piano mi è venuto il sospetto che la soluzione avrebbe potuto rivelarsi una delusione, come poi è effettivamente stato. E così la torta troppo arricchita e troppo lievitata si è sgonfiata come un pallone e ci si chiede come sia possibile che l’omicida sia quello che viene rivelato e soprattutto come faccia il commissario Battaglia a intuire chi sia il serial killer, salvando in modo fantasioso se stessa e il suo ispettore. E’ un peccato, anche perché mi è stato riferito che il precedente romanzo con protagonista sempre lo stesso commissario, vale a dire Fiori sopra l’inferno, è molto bello; a voler essere sinceri non è che Ninfa dormiente sia brutto, perché allo scopo di interessare per qualche ora il lettore riesce assai bene, ma alla fine la delusione prevale su tutto e quindi ci si rammarica per quel che poteva essere buono e che invece si rivelato appena discreto.
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